mercoledì 2 Ottobre 2024
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La giornata dell’arte al Liceo Statale ‘C. Colombo’ di Marigliano

Marigliano (Na). E’ l’ultimo giorno del mese di maggio. Ti aspetti un azzurro cristallino a far da sfondo al sole di primavera inoltrata. Invece no. Un marea montante di nuvole grigie fa da cortina al soffitto del cielo. Mentre percorro la Statale 162, all’uscita per Marigliano ripenso a Le Nuvole di De André, “Vanno vengono ritornano e magari si fermano tanti giorni che non vedi più il sole e le stelle e ti sembra di non conoscere più il posto dove stai”. Al contrario, quando giungo in Via Nuova del Bosco ho da subito la sensazione di sentirmi a casa. Non solo per tutto il verde smagliante che pare prendersi gioco del cielo asfittico e ostile, ma per la solennità che l’edificio imprime allo spazio luminoso e ampio in cui è stato incastonato. E’ il Liceo ‘Cristoforo Colombo’ di Marigliano, nato nel 1961 come sezione staccata del Liceo ‘Mercalli’ di Napoli e diventato autonomo il 1 Ottobre del 1965. Non è facile per una scuola di provincia imporre una offerta formativa e culturale di qualità all’interno della fitta area metropolitana spesso fagocitata e digerita dai rigurgiti acidi del capoluogo partenopeo. Il Liceo Colombo, in più di 50 anni di attività invece è riuscito a differenziarsi, caratterizzarsi, darsi una identità, diventare simbolo di un territorio che da sempre esprime un forte potenziale umano, culturale e produttivo. Resto colpita dal nitore dell’aria che circonda l’edificio, una sorta di corale riverenza che lo protegge e lo pone al contempo in intima osmosi con tutto ciò che, pur restando fuori dalle inferriate, ne è il connettivo vivo e pulsante. Il professore Ciro Castaldo mi attende all’ingresso e mi dà il benvenuto. E’ lui il direttore artistico della Giornata dell’Arte e della Creatività studentesca che ha luogo oggi. Di lì a poco ho il piacere di conoscere la dirigente Maria Grazia Manzo e constato che è una donna di grande sensibilità e duttilità, ma anche di forte spessore perché tra queste mura è riuscita a imporsi con autorevolezza ancor più che con autorità. Lo si capisce da come si sente a suo agio tra gli studenti e i docenti della sua scuola. Mentre percorriamo il lungo corridoio che ci conduce nell’ampia arena all’aperto sul retro dell’edificio, il professore Castaldo mi racconta che Don Andrea Gallo poche settimane prima della sua scomparsa aveva inviato ai liceali un messaggio di vicinanza e comunione d’intenti in occasione della loro giornata della Legalità, dando disponibilità a partecipare a iniziative future. Allora gli studenti hanno voluto dedicare a Don Gallo e a Enzo Jannacci l’overture dell’evento di quest’anno. “…Alle loro grandi anime, per il loro modo di vedere il mondo, di vivere e sentire le cose, per la passione, l’amore, la sensibilità, il senso di giustizia e il loro forte impegno sociale da sempre e per sempre dalla parte degli ultimi, dei diversi, degli esclusi e degli emarginati… protagonisti vivi e tangibili delle loro esistenze e delle loro battaglie!” ribadisce Andrea Cretella, il rappresentante d’Istituto e quando legge un passo della lettera scritta da Don Andrea Gallo a Fabrizio De André nel gennaio del 1999 un religioso silenzio cala sulla moltitudine di ragazzi raccolti intorno al palco. “…Quanti “Geordie” o “Michè”, “Marinella” o “Bocca di rosa” vivono accanto a me, nella mia città di mare che è anche la tua. Anch’io ogni giorno, come prete, “verso il vino e spezzo il pane per chi ha sete e ha fame”. Tu, Faber, mi hai insegnato a distribuirlo…” L’arena intorno al palco è gremita di ragazzi e ragazze festosi. Ai piedi degli amplificatori un collage di cartoni rivestiti di carta a fiori colorati a ricordare che siamo al LICEO COLOMBO. Sul retropalco un banchetto improvvisato su cui alcune chitarre giacciono sdraiate in attesa di dire la loro. Quando Andrea conclude la sua lettura uno scroscio di applausi restituisce le parole all’aria prima che la musica prenda il sopravvento sui discorsi e la pioggia incombente. Ora è tempo di dare spazio agli strumenti, ai suoni, alla poesia che sposa la musica in un connubio che non conosce tempo, vuoto, crisi o plusvalore. Da questo momento in poi è un susseguirsi di canzoni, di danze, di gioia dove il confine tra l’arte creata e l’arte riprodotta si annienta perché l’Arte è di tutti, e tutti si sentono liberi quando parlano il linguaggio dell’Arte. Come questi giovani pieni di energia sui cui volti leggo la speranza che ancora molto si può fare contro l’ignoranza, l’arroganza, il potere, l’indifferenza. Che se è vero che “La bellezza salverà il mondo” come afferma l’idiota Miškin “Comprendo profondamente quello che i giovani vivono, e sono costernato, addolorato per l’assenza di futuro cui sembrano condannati.” scrive invece Don Gallo. Io so perché ho guardato la speranza negli occhi e l’entusiasmo nei gesti di questi ragazzi e so che tutto ancora può accadere. So che finché ci saranno giovani come loro che, in barba alla pioggia battente e a un cielo nero, saranno disposti a rimboccarsi le maniche per vedere la loro Opera compiersi ho ancora fiducia che in questo mondo martoriato dalla paura qualcosa può cambiare. Non importa se il cammino è “in direzione ostinata e contraria” come diceva Faber, importa che ogni azione sia fatta con Amore perché se a spingere la mano è l’Amore, allora anche i muri più alti cadono. Questa è l’Arte che ho visto raccontare venerdì scorso. Arte come accoglienza e ascolto. Braccia aperte per costruire ponti e non per elevare muri: la festa della generosità e della speranza… Grazie Liceo Colombo!

Vera Tummillo

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