giovedì 26 Dicembre 2024
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Somma Vesuviana, “fondi Pirap: un’occasione mancata?”

Egregio direttore,

con questa lettera vorrei proporle una riflessione sui fondi Pirap(Progetti Integrati rurali per le aree Protette) riguardanti il nostro territorio.
Ho 52 anni e credo di essere andato la prima volta sul “Ciglio” quando ne avevo all’incirca 13 o 14. La nonna materna mi affidò al “Capoparanza”.
Mi alzai alle 4,00 del mattino e dopo essere passati per il Santuario di Santa Maria a Castello per la rituale benedizione e confessione. Dopodiché intraprendemmo la risalita al “Ciglio” del Monte Somma.
Allora il sentiero che percorrevamo si inerpicava dal vallone, dove ora dimora la pineta, e andava su per i “tuori” fino alla “Traversa”.
Ci impiegavamo circa due o tre ore considerato anche il carico di vivande che si portava sulle spalle. Da lì in poi ci voleva un’ altra oretta per raggiungere il “Ciglio”.
Non c’erano le baracche, e la tradizione imponeva un pranzo povero, privo di carne, a base di uova, formaggi, carciofi arrostiti sul posto, fave e pizze piene. Il tutto innaffiato dal nostro vino.
Sempre da Santa Maria a Castello c’era un altro sentiero che si inerpicava verso il “Ciglio” partendo dal lato sinistro della chiesa, molto più suggestivo, ma più lungo e difficile. Questo raggiungeva il vallone del “Murello”, credo che questo sia il toponimo, sotto punta “Nasone”. Da qui si risaliva a destra per un sentiero su di una parete di pietra lavica fino a raggiungere la “Traversa”.
Questi sono i sentieri storici percorsi per anni dalle Paranze dei sommesi, dei mariglianesi, dei pomiglianesi, degli ottavianesi, per raggiungere il Ciglio.
Quello che oggi è definito sentiero “storico” e che è oggetto degli interventi PIRAP non esisteva, il “Ciglio” si raggiungeva a piedi.
Questo sentiero, che è a tutti gli effetti una strada carrabile, è nato a metà degli anni 80’, se ricordo bene nel 1986.
Ci sono diverse versioni sul perché e su chi abbia realizzato questa “strada carrabile”.
Ho sentito, anni fa, raccontare che nel 1986 il percorso fu realizzata da”lignammari” del Baianese che comprarono quote di boschi cedui nei pressi della Traversa e quindi realizzarono il tracciato per portare giù il legname tagliato.
Fu uno scempio.
Altre versioni raccontano che “qualcuno che comandava” a Somma,vendette tutti i boschi cedui, all’insaputa dei proprietari, e fece costruire la strada senza nessuna autorizzazione.
I sommesi hanno tratto sempre sostentamento dalla montagna ma lo hanno fatto sempre rispettandola e ben custodendola. I boschi cedui sono sempre stati utilizzati per il legno di castagno molto pregiato, ma ricordo che una teleferica era allestita nel vallone ed era utilizzata per portare a valle i tagli.

Dal 1995 al 2002 questa strada è stata oggetto di diversi interventi messi in campo dagli LSU, poi Cooperativa Vesuvio Natura e Lavoro, affidati al Parco Nazionale del Vesuvio.
In realtà la strada che conduce alla “Traversa” fu oggetto d’interventi per renderla percorribile alle maestranze per effettuare lavori di ripristino e messa in sicurezza del sentiero, oggi denominato n. 3.
La strada non ha mai ricevuto interventi strutturali poiché era di proprietà privata e considerata non sicura da un punto di vista idrogeologico per il modo in cui era stata tracciata. Quindi era continuamente manutenuta per permettere ai lavoratori di raggiungere la “Traversa” ed effettuare i lavori proprio sul sentiero n.3.
Poi arrivò l’ingegneria naturalistica dell’ Ing. Carlo Bifulco, Direttore dell’Ente Parco, che iniziò a sperimentare ed applicare su più vasta scala le tecniche delle “macere” che i contadini del monte Somma da secoli utilizzavano, praticando una agricoltura eroica, per consolidare versanti e rendere coltivabili terreni scoscesi e a forte rischio di erosione. Su questo tracciato furono testate varie tecniche di intervento con scarsi risultati dovuti a problemi idrogeologici.
L’Ente Parco,facendo tesoro di questi test, predispose anche un progetto, con rilevanti interventi di ingegneria naturalistica, per il ripristino dell’attuale strada carrabile. Questo progetto, del costo complessivo di 4 milioni di euro, non ebbe l’approvazione dell’Autorità di Bacino e si bloccò perché il Parco non riuscì a trovare le risorse necessarie per la realizzazione.

Da sommesi e da ambientalisti ci siamo sempre battuti per il ripristino della sentieristica “storica”, considerando“la strada carrabile” molto fragile. Dei sentieri “storici” della risalita al“Ciglio” o Punta Nasone da Somma Vesuviana è possibile trovare traccia anche nelle guida del Touring Club “Napoli e dintorni” ed. 1976. Sicuramente Angelo Di Mauro e altri studiosi della storia locale potranno esibire altre testimonianze e “memorie” sui “sentieri sacri” del Somma. Le nostre proposte sono ormai parte integrante del Piano del Parco basta leggere il progetto strategico n° 2 “Verso il Ciglio attraverso il Casamale”.
Questa la storia se la memoria non mi inganna.
Veniamo ad oggi.
Ogni anno la strada carrabile viene sistemata senza autorizzazione, per consentire, durante le Feste della Montagna, alle Paranze di trasbordare fino alla Traversa uomini, quantità industriali di alimenti, fuochi d’artificio a bizzeffe e quant’altro necessario allo svolgimento di quello che rimane degli antichi riti delle feste della montagna in onore di mamma”Schiavona”.
Mi sorprende leggere che questo è l’unico progetto in linea con quanto previsto dai PIRAP.
Preciso che non conosco nel dettaglio gli aspetti tecnici del progetto ma dalle considerazioni fin qui sviluppate va sicuramente fatto rilevare che tale progetto non può limitarsi ai solo aspetti tecnici. L’intervento di cui stiamo parlando è si un intervento infrastrutturale ma con una enorme valenza culturale, immateriale che ha come obiettivo finale “la salvaguardia dei valori antropologici e storici del territorio” vesuviano. Gli aspetti tecnici sono secondari, oserei dire: di servizio.
In altri Parchi interventi simili, vedi il ripristino dei sentieri e dei terrazzamenti dei vigneti delle Cinque Terre, sono stati effettuati tenendo conto pienamente del contesto culturale e delle specificità del territorio. In quei territori si è fatta innovazione e sviluppo salvaguardando e proteggendo il territorio e le attività antropiche.
Voglio dire che i punti di debolezza di un progetto come questo di cui stiamo parlando, stanno nel fatto che si sta per realizzare solo “un asse viario sterrato” in pieno parco che sarà preso d’assalto da mezzi a motore di ogni tipo.
Il tutto avverrà senza nessun controllo, viste le esigue forze a disposizione degli Enti preposti e la delicatezza della questione: quale amministrazione sarà disposta a perdere consensi vietando e regolando attività che sono così sentite dai Sommesi?
In tal caso io avrei una proposta alternativa:
Avviare un lavoro di ascolto che partendo dalle “memorie” delle genti che hanno ancora a cuore le tradizioni e la venerazione di “Mamma Schiavona” in modo da progettare e recuperare gli antichi sentieri pedonali, ritracciarli e renderli più agevoli.
L’attuale strada, non la cancellerei ma la riserverei, con interventi di manutenzione da predisporre all’occorrenza, solo per gli interventi AIB (antincendioboschivo) e di Protezione Civile strettamente necessari.
Questi interventi riaccenderebbero un faro sulla questione del Monte Somma, cruciale per le comunità che ai suoi piedi, da millenni, operano e vivono. Ed inoltre dissiperebbero ogni dubbio sull’utilizzo dei fondi destinati alla montagna. Uno di questi riguarda per esempio i vecchi fondi. Come si è fatto a ridurre i costi del progetto, 4 milioni di euro ad un progetto che dovrebbe costare centinaia di migliaia di euro? Qual è “tecnicamente”, e solo tecnicamente, quello più valido?

Giovanni Romano
Legambiente

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