giovedì 19 Settembre 2024
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Consensi per “ Succede, nu’ succede…si succede… Io speriamo che me la cavo” proposta dal gruppo “ In alto mare”

Saviano – “ Succede, nu’ succede…si succede… Io speriamo che me la cavo” è il titolo dell’ultima opera teatrale scritta e diretta da Francesco Mancuso. Un grande e unanime consenso di pubblico che non ha voluto mancare all’inaugurazione della prima della stagione teatrale 2012 – 2013.

Presenti in sala diverse autorità amministrative: il sindaco di Saviano Carmine Sommese, l’assessore alla cultura Francesco Iovino e altri. Il gruppo teatrale proveniente da Sarno, dal nome “ In alto mare”, si già distinto in diverse occasioni sul palcoscenico savianese; ora il ritorno con un opera che è la riproposizione in chiave teatrale di una storia già raccontata in un famoso film diretto dalla regista Lina Wertmüller, tratto dall’omonimo romanzo di Marcello D’Orta o in un un’altra proposizione cinematografica come “ Benvenuti al sud”.

Per un errore burocratico del Ministero della Pubblica Istruzione, un maestro elementare, interpretato dallo stesso Francesco Mancuso, che aveva chiesto un trasferimento ad una scuola elementare di un paese del nord e per di più poco lontano da casa viene invece mandato in un immaginario, ma mica tanto, paesino in una provincia del sud. Si trova subito in una condizione piuttosto tragica nella quale è visibile un disagio sociale, grave nella sua specie ma non per questo ricco di trovate sceniche piene d’ironia e di riflessioni. Storie di povertà e di microcriminalità, sono sulla scena, di una classe di alunni di frontiera.

Nell’epilogo il maestro comincia ad affezionarsi all’ambiente, ma arriva la notizia, tramite lettera, del nuovo trasferimento al Nord: una cosa che lo avrebbe fatto esultare se fosse arrivata nei primi tempi; ma ora è tutto diverso la medesima notizia ha il sapore di una beffa, un colpo basso che ferisce, un tradimento del destino.

“ Quando un forestiero viene al Sud piange due volte, quando arriva e quando parte “; risuonano in scena queste parole prese a prestito dall’ambiente cinematografico ma personalizzate in un’esperienza teatrale.

Il regista della compagnia, come, in altre esperienze teatrali, si avvale di altri ausili scenici come la proiezione di alcuni temi del racconto su di uno schermo cinematografico, preventivamente sistemato in scena, una sorta di connubio tra le due tecniche di rappresentazione.

In quest’opera lo stesso Mancuso non propone al pubblico molti brani musicali se non il minimo indispensabile. Con il veloce cambio scenico si narra la storia in ambienti ora al chiuso dello studio del professore, dove vi è una collaboratrice domestica tutto fare, alla strada dove c’è la figura centrale di un caratteristico portiere del palazzo interpretato da Domenico Orza.

In breve, quella lettera non più attesa: l’unica liberazione possibile è strapparla quella missiva sì funesta; e cosi avviene, in scena, tra gli applausi del pubblico! Un altro momento esaltante del racconto scenico è quando il maestro legge un tema “su di una parabola evangelica” che un suo allievo gli ha trasmesso: il tema del piccolo alunno e della sua innocenza, che intenerisce il maestro e che termina con la frase ormai divenuta celebre e che ha dato il titolo alla proposizione teatrale: “ io speriamo che me la cavo”.

Proprio la strada e quello che accade a livello di microcriminalità che il regista racconta nel finale. In una sorta di fermo immagine in cui gli attori rimangono immobili in una scena piuttosto concitata, di una zuffa collettiva, lo stesso regista, interrompendo il filo del racconto scenico, e dialogando con il pubblico, fa un’osservazione prima della chiusura del sipario: “ questa è la realtà e sarebbe bellissimo che fosse solo finzione!”.

Antonio Romano

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