giovedì 19 Settembre 2024
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Il Concertone celebra l’unità liberandola dalla retorica

Dai nostri inviati Michele Falco e Ciro Castaldo


ROMA. Il primo maggio scorso Piazza San Giovanni in Laterano a Roma, come ormai tradizione dal 1990, è stata invasa da migliaia di giovani ansiosi di assistere “al concerto più grande d’Italia, al concerto più grande d’Europa” come affermato dall’eclettico presentatore di questa edizione Neri Marcoré.
L’evento, ideato da Maurizio Illuminato e organizzato dai tre principali sindacati (CGIL, CISL e UIL), poche settimane dopo la festa per i centocinquanta anni dell’Unità d’Italia, ha racchiuso nel suo tema ‘La storia siamo noi. La storia, la patria, il lavoro’ tutta l’importanza dell’Articolo 1 della Costituzione italiana, messa a dura prova dall’attuale governo. Sin dalle primissime ore dell’alba si è respirata aria di festa e di grande attesa, anche se come sempre non sono mancate le polemiche, prima e dopo. Il concertone, infatti, oltre che per le esibizioni di nomi illustri quali Ennio Morricone, Francesco De Gregori, Lucio Dalla, Edoardo Bennato, Eugenio Finardi e Gino Paoli, sarà ricordato anche per le polemiche riguardanti una certa “liberatoria” con la quale s’invitavano gli artisti a evitare riferimenti politici, in rispetto della par-condicio per le imminenti elezioni amministrative.
Alcuni artisti l’hanno ritenuto “un atto di censura bella e buona, imposta per non parlare di referendum anche dal palco di San Giovanni” come dichiarato ai nostri microfoni da Erriquez, il front man della Bandabardò, che ha aggiunto “è un dovere, oltre che un diritto innegabile, informare soprattutto i giovani delle porcate effettuate da chi ci governa”. Più tardi Edoardo Bennato invece, alla nostra richiesta di schierarsi sulla questione del nucleare così come hanno fatto tanti suoi illustri colleghi, in primis Adriano Celentano, ci ha risposto che “purtroppo ogni volta che in Italia si dibatte su una grande questione, le fazioni politiche la strumentalizzano in cerca di nuovi adepti e visibilità, alimentando una diatriba che li espone mediaticamente, ma successivamente, scemata la discussione, i problemi restano irrisolti, gli italiani più divisi e chi ne fa le spese è sempre il cittadino”. Ha poi aggiunto con il suo consueto acume e piglio ironico, di non volersi schierare, essendo un rinnegato…
Il concertone 2011 sarà ricordato anche per la concomitanza con la beatificazione di Papa Giovanni Paolo II. La capitale così, oltre ad accogliere migliaia di giovani, ha ospitato un milione e mezzo di fedeli (come riportato dalle principali testate giornalistiche) che hanno reso omaggio alla bara di Wojtyla nel corso della cerimonia di beatificazione. Una decisione della chiesa di far coincidere due eventi intrisi di un eco così forte che ai più è parsa alquanto strana. Ci chiediamo se la scelta sia stata dettata da miope rivendicazione, da voglia di dimostrare come sacro e “profano” possano camminare di pari passo, o da semplice casualità. Fatto sta che il giorno della beatificazione del pontefice dei giovani, dei mega raduni delle giornate mondiali della gioventù è coinciso proprio con l’evento simbolo per altre migliaia di giovani che aspettano il tradizionale concertone del primo maggio anche per far sentire la loro voce, forte come il vento di un tempo. In ogni caso la città di Roma ha gestito molto bene i due eventi anche grazie alle grandi capacità organizzative di sindacati e associazioni di volontariato scese in campo.
Alle 15:15 il concertone ha preso il via con alcune giovani band intente a scaldare la piazza. Quando mancavano pochi minuti alle 16:00, ecco salire sul palco Eugenio Finardi, che ha proposto il nostro inno nazionale da lui stesso liberamente rielaborato in chiave rock. “L’inno è un punto di riferimento per un popolo, come quello italiano, che sta vivendo un periodo molto brutto”, le sue parole prima dell’esibizione ai nostri microfoni e ancora “l’ho riarrangiato in chiave folk-rock con un intro malinconico e un successivo crescendo rock e nel proporlo, tirando in ballo il concetto di Patria, non ho avuto paura di cadere nella retorica, perché proprio in momenti così duri da un punto di vista politico, può essere il collante per superare le difficoltà e riprendere la rotta smarrita”. Dopo l’esibizione gli abbiamo chiesto se nel 2011 il concertone del primo maggio è solo un mega evento in cui proporre buona musica (che fa fatica a trovare spazi nel corso dell’anno) o può anche essere un luogo in cui lanciare semi e idee per la costruzione di un progetto alternativo di società e Finardi, che ci ha estremamente affascinato per la sua mitezza, disponibilità, affabilità e grandezza d’animo, ci ha risposto che crede ancora che si possa e si debba fare il possibile per costruire un’alternativa, sostenendo che lui ci prova poiché nutre grande fiducia nelle nuove generazioni, al punto di dirci che se fossimo stati con lui sul palco e avessimo avuto la possibilità di fissare negli occhi i ragazzi delle prime file, avremmo avvertito una grande voglia di cambiamento e di voler essere protagonisti della propria storia.
Neri Marcoré, come sempre grande mattatore, ha spaziato dal divertente duetto ‘Immunità’ con Luca Barbarossa, al geniale sketch con Caparezza sulle origini e le sorti di Gaia, spingendosi oltre fino al pretenzioso omaggio al poeta Faber accompagnato dall’orchestra Roma Sinfonietta. E’ entrato sul palco subito dopo Finardi e ha fatto capire immediatamente che strada avrebbe preso il concertone: un mix di satira e musica con bersagli ben precisi, graffiando, ma senza mostrare artigli.
In seguito, in ordine di esibizione, Luca Barbarossa, i Modena City Ramblers, Giuliano Palma feat. Nina Zilli, Edoardo Bennato, Ascanio Celestini, Paolo Belli, Edoardo De Angelis, Bandabardò e Voltarelli, Enzo Avitabile feat. Raiz & Co’Sang, Lucariello, l’orchestra Roma Sinfonietta (che con 72 elementi e 60 coristi ha accompagnato gli artisti esibitisi in serata), Daniele Silvestri (che ha proposto i pezzi dell’interessante album S.C.O.T.C.H. uscito da poche settimane), i Subsonica, il Maestro Ennio Morricone, Gino Paoli (cha ha stregato e fatto venire i brividi con la sua versione del Va’ Pensiero), Caparezza, il duo DallaDe Gregori, Servillo e Mesolella, Paola Turci e Chiara Civello per chiudere il concerto con ‘Il mondo’ a mezzanotte passata.
Lo spettacolo è finito, eppure qualcosa resta: nell’aria, negli occhi dei giovani, in quei cuori come fuochi accesi dai mille fiammiferi lanciati dagli artisti. Note d’autore eseguite al primo vento di maggio per far sbocciare rose rosse in campi distesi di verde, metafore di una situazione italiana ben descritta in poche parole dal geniale Caparezza (inizialmente sul palco nelle vesti di Giordano Bruno per l’interpretazione dell’accusatorio ‘Non siete Stato voi’), come sempre impeccabile nelle sue performance. La giusta dose di ironia nel disegnare un quadro dell’Italia legata ai suoi principi messi allo sbando da chi crede, in preda della propria ignoranza e arroganza, di poter cambiare centocinquanta anni di storia in un solo momento. Critico nei confronti della società che crede a ogni cosa che gli viene detta senza mai opporre resistenza. Che quel grido lanciato dal palco di San Giovanni, per invitare i giovani a saltare per evitare la fatidica fine del mondo prevista dai Maya per il 2012 sia anche un modo per invitarli a essere protagonisti e a saltare in piazze ambite da gretti politicanti, è più che evidente. La piazza si è scatenata: milioni di cuori che battevano all’unisono sulle note di ‘Legalize the Premier’. Milioni di cuori che seguivano la stessa musica come una bandiera sventolata a indicare la strada.
L’atmosfera è mutata nella forma ma non nell’intensità con l’esibizione di due tra i migliori cantautori che la storia italiana abbia mai conosciuto: Lucio Dalla e Francesco De Gregori.
Sulla piazza è tornata la calma: nessun disco a girare sotto la puntina e a dar ritmo ai cuori, ma solo note dolci di una tastiera o di una chitarra e due voci a scacciar le nuvole e chiamar le stelle.
Due poeti che incidono parole tra le note, due cantastorie dei nostri giorni, due innamorati della vita. Accendini in mano accesi come fiaccole per contrapporsi alle stelle in cielo riunitesi al loro canto. I pezzi che hanno accompagnato una generazione di sognatori, pezzi che hanno fatto innamorare, che hanno consolato: ‘L’agnello di Dio’, ‘La donna cannone’, ‘Se io fossi un angelo’, ‘Rimmel’, ‘Balla balla ballerino’, tanto per citarne qualcuno. E a ogni nota un coro dalla piazza accompagnava quel canto: le statistiche dicono che in quella piazza c’era mezzo milione di persone. Mezzo milione di cuori e un milione di occhi che non si conoscevano, ma erano lì ad applaudire fino all’ultima nota, chi per otto ore gli aveva ricordato che per quanto gli altri possano dire il contrario, musica e parole non possono cambiare il mondo, ma possono aiutare a farlo.

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