DA METROPOLIS DEL 4 MARZO
Brusciano. Quattro e tre anni di reclusione e 12 anni di interdizione dai pubblici uffici. E’ la condanna che il tribunale ha stabilito per il sindaco di Brusciano, Angelo Antonio Romano e l’ex presidente del consiglio, oggi consigliere comunale di maggioranza, Salvatore Papaccio. Per i due l’accusa era di tentata concussione in concorso: avevano chiesto, in più occasioni, nel 2004, una tangente di 500 mila euro ad un imprenditore, Angelo Perrotta (costituitosi parte civile con l’avvocato Anna Jossa), per concedergli una licenza edilizia che gli avrebbe consentito di costruire circa 70 appartamenti in una lottizzazione a Brusciano. La richiesta di 500mila euro nel tempo si era modificata ed erano arrivati a fargli uno sconto per una richiesta finale di 300mila euro. Ieri pomeriggio, dopo oltre quattro ore di camera di consiglio il collegio D del tribunale di Nola (presidente Mariarosaria Bruno, giudici a latere Agnese Di Iorio e Aurigemma Martino) ha emesso la condanna per i due uomini politici, dovranno anche pagare un risarcimento alla parte civile: l’imprenditore che li ha denunciati. Il verdetto è stato letto in pochi minuti in un’aula il cui pubblico era composto per la maggior parte da consiglieri comunali della maggioranza e alcuni della minoranza. Un caso politico che ha tenuto banco in città per oltre sei anni. Anni di rinvii e poi il ricorso alla “sentenza Mills” hanno fatto slittare più volte l’esito del processo. Già lo scorso anno, nel maggio del 2010, la pm Valerio Sico aveva chiesto per Romano e Papaccio sei anni e sei mesi di reclusione e l’interdizione perpetua dai pubblici uffici, stessa richiesta di condanna era stata ripresentata ieri mattina dal pm Bianco (che sostituisce la Sico in maternità), poi la sentenza Mills aveva fatto ripetere alcune udienze per risentire dei testimoni arrivando ad oggi. La difesa degli imputati, affidata agli avvocati Saverio Campana, Giuseppe Siciliano, Erasmo Fuschillo, avevano in gran parte svilito la figura del principale accusatore: l’imprenditore Angelo Perrotta. In particolare Campana aveva detto in aula che “Perrotta era stato spinto alla denuncia da interessi economici, un palazzinaro che si è precostituito delle prove che ha poi utilizzato non nell’immediato, ma soltanto in un secondo momento”. Discredito era stato gettato anche su Domenico Coppola, altro teste chiave del processo, l’ex presidente della commissione Edilizia che era stato destituito dal sindaco proprio quando non aveva voluto bocciare la pratica di Perrotta per la quale sia Romano che Pappaccio avevano mostrato particolare interesse. Alla fine i testi, le intercettazioni ambientali, le prove prodotte dagli inquirenti hanno convinto i giudici che hanno condannato i due amministratori. Ora la parola passa al prefetto di Napoli, Andrea De Martino che già in giornata potrebbe scegliere per la sospensione del sindaco dal suo incarico.

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