martedì 24 Settembre 2024
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“Il mio paese festeggia… il bicentenario dei circoli chiusi”

Sant’Anastasia. Di seguito pubblichiamo una nota scritta da Francesco De Rosa, scrittore e giornalista anastasiano. Una riflessione interessante sul bicentenario che il Comune si appresta a festeggiare. Considerando la nota degna di attenzione e capace di stimolare un costruttivo dibattito la pubblichiamo per intero.

… Il paese in cui sono nato è in provincia di Napoli e oggi ha festeggiato l’apertura di un programma in occasione del Bicentenario dall’autonomia comunale. Era casale di Somma Vesuviana e dal 1810, appunto, di ottobre, per volere di quel Murat che aveva l’impronta francese, divenne Comune a sè.

Oggi una cerimonia tra alcune persone (l’amministrazione comunale, taluni proseliti che portarono voti per la vittoria al sindaco attuale, una classe di un istituto scolastico, la presenza di alcuni amici di vecchia data) ha aperto i festeggiamenti del bicentenario.

Una festa nota a pochi e organizzata da pochi intimi (quelli che l’amministrazione ha voluto) che, nel corso dei prossimi mesi dovrebbe servire a riscoprire le radici di non si sa che cosa. La chiamano identità. Come se ne avesse una, o fossimo a Gubbio, o avesse partecipato alle Signorie del Cinquecento. Una festa che nel concepirla ci si è dimenticati di tanti anastasiani/identità (giovani e meno giovani) impegnati in varie professioni che hanno raggiunto ottimi risultati. Una festa che vorrebbe coinvolgere tutti ma che, alla fine, coinvolgerà quei pochi che gravitano attorno all’attuale giunta, al sindaco pro tempore e al suo comitato operativo e laborioso.

In realtà, cinque mesi dopo l’elezione di una nuova amministrazione, non mi pare sia cambiato qualcosa soprattutto nella mentalità, nel modo di fare, nella concezione della democrazia e della politica locale a Sant’Anastasia. Anzi. Semmai è peggiorato. E il circolo chiuso che da decenni prova a governare con vari colori è sempre più chiuso con nomi e persone (sempre le solite) che ora in minoranza (lamentosi e tristi) ora in maggioranza (sorridenti ed attivi) danno fiato a discorsi scarnificati. Costruendo attorno ad essi giovani senza storia e senza umiltà. Ma ubbidienti e rampanti.

Il paese dove sono nato ha una strana malattia comune a molti paesi più o meno grandi: non sa fare comunità, non aggrega. Anzi. I piccoli gruppi (giunte, partiti, associazioni, lobby, caste, parentati) che si alternano per migliorare il suo destino, sono e saranno circoli chiusi. Per questo hanno il fiato corto e non incidono mai per davvero. E’ la logica del clan che pervade ciascuno piuttosto che quella della comunità aperta e solidale, pluralista e coinvolgente. Destino di paesi arretrati e miopi.

Sicché, per scoprire le radici di Sant’Anastasia i giovani dovrebbero vedere qualche immagine di pochi decenni fa. Un paese molto medio borghese, o appena operaio e molto intraprendente. Che fu capace di inventarsi mestieri che hanno fruttato altre figure. Oggi, spregiativamente li chiamiamo ancora usurai. Usurai sono state tantissime famiglie anastasiane di cui fare i cognomi oggi sarebbe come capire da dove vengono e cosa facevano tanti concittadini che, oggi, si adoperano con l’affanno dei re senza regno.

Il mio paese aveva, fino a pochi decenni fa, signorotti con il posto riservato in chiesa. Se lì si sedeva qualche altra ignara persona doveva alzarsi nel momento in cui sopraggiungeva in ritardo la signora o il signorotto locale che era d’uso sedersi in quel punto.

Il mio paese ha quasi trentamila abitanti ma a governarlo, a condizionarlo, a gestirlo sono, a destra come a sinistra, le solite persone. C’è una generazione fuori. Lontano dalla politica e dal palazzo, dalla corruttela e dal clientelismo e una generazione dentro: sempre la stessa. E se non sono direttamente loro in prima linea ad apparire sono i nipoti, i figli, i parenti. Mossi come burattini, subalterni sempre a qualcuno, sempre servizievoli. Un paese con grandi capacità ma anche con grandi miopie. Dove tutti parlano male di tutti. O si compongono a circoli molto ristretti. Chi oggi fa l’assessore, il sindaco o espleta qualche altro incarico, pochi mesi fa si riuniva davanti ai bar, nei salotti, nei circoli a criticare il resto del mondo, il resto del paese.

Poi ci sono i giovani di minoranza e di maggioranza guidati dai capi che studiano ad essere i politici del domani. Sono nei partiti e in quella stessa politica che, anche localmente, tutto ha corrotto, tutto si spartisce, tutto vuole controllare. Giovani o vecchi, li vedi che si affannano in attesa di un incarico, di una promozione, di una visibilità.

Il mio paese, tranne pochissime eccezioni, ha certa stampa locale e nuovi/vecchi mezzi di comunicazione che fanno perenne campagna elettorale o leccano il culo a chiunque pur di ambire ad un incarico con una buona retribuzione mensile. Cerca l’equilibrio la stampa locale in realtà cerca solo una sistemazione diventando subalterna a chiunque. Hanno i loro esempi a livello nazionale. Alcuni sono tesserati e non ne fanno segreto. Alcuni si tesserano di volta in volta solo la penna ed il tasto del computer.

Il mio paese è troppo arretrato per capire e far capire il valore della democrazia partecipata. Non la vuole, non l’ha mai vissuta, non sa cos’è. Sinistra (come ieri) o destra (come oggi) nulla è cambiato. Il sistema è sempre lo stesso: la spartizione, il circolo chiuso, la confraternita, il gruppo ristretto. Il sindaco non risponde nemmeno al telefono a chi ha voglia e pazienza di coinvolgere a costo zero l’istituzione locale in qualche iniziativa di rilievo. Hanno fatto scappare dai partiti una generazione che avrebbe potuto dare al paese il proprio libero contributo. E il paese ne avrebbe giovato. Colpa loro e colpa del paese: ancora troppo arretrato, chiuso, fintamente perbene.

Il paese dove sono nato è nella peggiore provincia d’Italia. Ma è anche quello dove talenti o veri campioni sanno essere in prima linea in ogni settore. Non amano le platee, non si fanno vanto, non sono stati invitati a nessuna cerimonia. Sono la vera ricchezza di quel luogo.

Nel frattempo, abbiamo impiegato decenni per far capire che il figlio di un muratore poteva essere il miglior medico mentre il figlio del medico poteva essere il peggiore dei muratori. Abbiamo impiegato decenni per considerare gli abitanti di un nuovo quartiere residenziale (che ha più di vent’anni) chiamato boschetto anastasiani a tutto tondo.

Ci domandiamo se sono finite le caste, se i giovani oggi nella provincia di Napoli, a Sant’Anastasia, trovano una comunità viva, interessante e non il deserto delle idee e dei luoghi, le isole o l’appiattimento.

Il mio paese per essere cambiato davvero ha bisogno dell’aiuto di tutti e non solo dell’amministrazione di ieri o di oggi che è un circolo chiuso. Ha bisogno di una nuova mentalità che oggi non c’è. Ha bisogno di scovare persone di destra, di sinistra, laici, eterosessuali, omosessuali, bambini, anziani, famiglie, imprese, uomini e donne libere, schifati della politica, per portarli attorno allo stesso tavolo e non aspettare che un giorno bussino alla porta del Comune per chiedere qualcosa.

Ci domandiamo quando vanno a casa davvero quelli che la politica locale la fanno da 50, 40, 30 anni con gli stessi risultati. le stesse idee, le stesse impronte? Che sono sempre interessati a voler guidare le fila di un tempo senza tempo. Ci domandiamo un sacco di cose e restiamo isolati. Qualcuno è stato isolato, qualcuno si è isolato volutamente, qualcuno è isolato perché ha perso le elezioni ma vuole tornare al centro dell’attenzione isolando gli altri. Qualcuno è isolato perché è un uomo o una donna libera, che non ha tessere, non ha famiglie/clan, non porta borse né lecca culi.

Ci domandiamo, infine, che c’entra una festa per il bicentenario? Già. La festa che poteva essere una buona occasione per vivere la comunità e farla crescere è diventata, invece, l’esempio più concreto di come il circolo chiuso di destra che oggi muove i fili dell’attuale amministrazione è sempre più chiuso. Ci ricorda che siamo in un paese dove siamo malati di individualismo. Dove ognuno crea, nella politica, nella cultura, nell’impresa, nell’associazionismo, nelle professioni il suo regno e vuole proseliti, consensi, fama. E vuole un futuro che assomiglia al peggiore passato.

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