venerdì 20 Settembre 2024
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A cinque anni dalla scomparsa del Compagno Pasquale Morisco, la memoria non muore

Somma Vesuviana. Ieri pomeriggio, a cinque anni esatti dalla sua scomparsa, prima con una Messa in suffragio celebrata nella chiesa di San Sossio e in seguito con un incontro-dibattito, è stato ricordato il Compagno Pasquale Morisco, operaio metalmeccanico, segretario cittadino del partito della Rifondazione Comunista e sindacalista Fiom. L’incontro ha avuto luogo nei locali della mensa della FAG, un luogo emblematico perché frequentato quotidianamente da Pasquale, un luogo in cui lo immagino darsi da fare per gli altri, manualmente e intellettualmente, a piene mani, anche nei momenti di meritato ristoro. A ricordarlo la famiglia, gli operai, i compagni di partito, gli amici, gli intellettuali e il consigliere provinciale Tommaso Sodano. Commoventi le parole della moglie Anna: “Dopo anni Pasquale è ancora presente perché riesce a riunirci tutti, anche se siamo alle prese con i nostri impegni quotidiani.” Quelle di suo figlio Andrea: “Nonostante il tempo trascorso e la ripromessa di controllare l’emozione, ogni volta è sempre difficilissimo prendere la parola” e la presenza degli altri figli, Salvatore e Fausto, cresciuti fisicamente e umanamente. Nel pieno rispetto del suo stile di vita, l’incontro è stato molto semplice, scandito dalla lettura di una lettera del 2003 scritta da Pasquale e letta in occasione di una veglia organizzata per impedire la chiusura della fabbrica in cui lavorava. Il comune denominatore degli interventi tesi al ricordo di Pasquale Morisco, prematuramente scomparso per un male incurabile proprio nel giorno che l’umanità ricorda per l’affermazione dei valori come la libertà, l’uguaglianza e la fratellanza, è stato il sottolineare da parte di tutti il suo profondo e vissuto impegno nella quotidiana lotta contro qualunque forma d’ingiustizia, ma ancora di più la sua grande disponibilità al confronto, soprattutto con chi la pensava diversamente da lui. Personalmente ho percorso con lui un pezzo di strada indimenticabile della mia militanza attiva nel partito e quello che mi porterò sempre appresso è la sua mitezza, la sua tolleranza, il suo sapersi “fare casa” per tutti, il suo “farsi da ponte” per raccordare insieme ambienti apparentemente diversi o addirittura ostili, con l’obiettivo di costruire la giustizia sociale e di instaurare quella pace terrena che il vescovo pugliese don Tonino Bello ha definito convivialità delle differenze. Pasquale era una persona desiderosa di capire come stavano le cose, era il Compagno che ti veniva a svegliare dal torpore della quotidianità per farti leggere le leggi che aveva scaricato da internet o i suoi volantini e le sue lettere, chiedendoti di essere onesto, non indulgente, nella eventuale correzione, perché voleva migliorarsi sempre di più. Era l’amico che ti svegliava alle cinque del mattino per portarti con la sua famiglia al mare, nel sale, nel sole, nel Sud. Quel Sud che lui amava tanto. Pasquale non si dimenticava di nessuno e niente gli passava inosservato, come quando si era impegnato nel fornire al Ministro Livia Turco, presente a un dibattito in biblioteca, tutta la documentazione su una ragazza madre che lui neanche conosceva. O come quando, alle tre di notte, di ritorno da una riunione estenuante a base di politichese e politicanti da scardinare e dall’affissione dei manifesti del partito (regolarmente incollati nel solo spazio n° 3 a noi assegnato), si era incazzato perché chi di dovere stava realizzando un marciapiede, ridicolo per le sue dimensioni, per fini propagandistici (si era in campagna elettorale). Pasquale è sceso dalla macchina per prendergli le misure (oltre che per prenderlo a calci), per fare un esposto ai tecnici del comune. Gli stessi che aveva ammonito per iscritto qualche giorno prima per aver fatto ricoprire una fioriera spartitraffico con della pietra lavica appuntita, pericolosissima per pedoni e motociclisti. Ricordo come fosse ieri che in quell’occasione, dopo avere sbollito la sua rabbia “rifugiandosi” nell’inseparabile sigaretta, scoppiò nella sua fragorosa e coinvolgente risata e poi aggiunse: “Ciro, lo sai che mi chiamano Pascal ‘o marciapiede!? Dicono che sono fissato, ma io penso che l’arredo urbano e i marciapiedi siano fondamentali per un comune che tiene ai propri cittadini, perché gli uomini nascono appiedati e non a bordo di un’automobile.” Ecco, io una lezione civica di tale portata non l’avevo mai ricevuta e in queste prese di posizione vedevo in lui un impegno civico, una religiosità laica palpitante che trasudava di profondo, sincero rispetto per le persone e l’ambiente. Una lezione di vita per chi crede di impegnarsi nel sociale alzando muri e steccati, rinchiudendosi nel recinto della propria saccenza o peggio ancora della stupida rivendicazione personale. Pasquale era un Compagno che lavorava in silenzio, in punta di piedi e questi piccoli aneddoti (ne conservo tantissimi altri) li ho raccontati proprio perché non li conosceva nessuno (ieri sera, tradito dall’emozione, non sono riuscito a condividerli) e perché penso che dovremmo fare tutti dell’impegno, della determinazione, ma soprattutto della mitezza, dell’accoglienza e della tolleranza del Compagno Pasquale, i caratteri distintivi della nostra battaglia quotidiana.

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