giovedì 19 Settembre 2024
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San Giuseppe Vesuviano/Striano: blitz della fiamme gialle. 116mila capi contraffatti, due cinesi denunciati

San Giuseppe Vesuviano/Striano. Operazione fiamme gialle contro la contraffazione con un bilancio che porta oltre 116mila capi di abbigliamento contraffatti, due denunce ai danni di due cittadini cinesi e tre depositi finiti sotto sequestro. Una vasta operazione anticontraffazione condotta dalla Guardia di Finanza nell’ambito di un servizio di controllo economico del territorio, disposto dal Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Napoli, il tutto finalizzato alla tutela del “made in Italy”. Un marchio quello italiano che finisce quotidianamente nel mercato cinese, vittima di un imitazione che spesso mette in crisi le case di abbigliamento. Imitazioni parallele contraffate e curate nei minimi particolari che confondono persino il cliente più affezionato al capo di abbigliamento dell’alta firma. Ma il duro colpo inferto al mercato locale porta cosi alla ribalta la necessità di una maggiore sorveglianza nel settore. Un’attività di intelligence e controllo del territorio che ha visto cosi i militari del Gruppo di Torre Annunziata mettere in campo una delle ultime operazioni più importanti. L’operazione si è svolta a Striano ed a San Giuseppe Vesuviano, dove hanno sede le due località controllate. Qui, le Fiamme gialle hanno rinvenuto 116.530 capi di abbigliamento ed accessori, per un valore stimato di oltre un milione di euro, che erano “cerificati” come mede in Italy. In realtà, erano di provenienza cinese. Negli scaffali dei tre depositi i marchi delle migliori firme dalla Guess alla Fay, dalla Fendi alla Blauer. Una manifattura artigianale che prevedeva senza dubbio una manodopera costante, capi curati nei minimi particolari. Tra il materiale sequestrato una grossa quantità di giubotti che facilmente sarebbero stati confusi con quelli originali perché contraffatti persino nelle cuciture. Un campanello d’allarme che suggerisce quanto il mercato della contraffazione sta crescendo. Imitazioni di qualità rimaneggiate al meglio tanto da confondere chiunque. Inoltre un grosso quantitativo di accessori tra cui borse e cinte erano già pronte per finire probabilmente in qualche negozio della zona, il tutto per un valore stimato di oltre un milione di euro. Purtroppo impossibile risalire al produttore perché i capi riportavano la dicitura “made in Italy” e marchi di fantasia, senza indicazione dell´effettiva origine o del produttore. Gli accertamenti eseguiti, anche attraverso l´esame dei frammentati documenti fiscali esibiti dagli operatori orientali, non hanno permesso infatti di individuare il produttore, ovvero il canale di approvvigionamento della merce, circostanza rilevante per stabilirne l´effettiva provenienza. Molte confezioni, inoltre, nonostante avessero etichette con scritto “made in Italy”, recavano impresse, sugli imballaggi, iscrizioni in lingua cinese. Da qui la constatazione che la merce rinvenuta nei depositi costituiva materiale di provenienza extra nazionale e falsamente dichiarata di fabbricazione italiana. Ma quello che stanno cercando di capire gli investigatori e dove fosse diretta la merce. Si cerca di capire se effettivamente il materiale fosse destinato a al mercato cinese e o addirittura negli scaffali di qualche negozio di gran firma del vesuviano.

APPROFONDIMENTO.

Via Provinciale Passanti: il regno dei cinesi

San Giuseppe Vesuviano. Tutto è cinese a San Giuseppe Vesuviano. Da Via Provinciale Passanti a via Casilli, il regno del marchio cinese continua la sua ascesa. Oltre trenta i negozi che su ambedue i lati della strada sono di proprietà cinese. C’è tutto. Dall’abbigliamento intimo alle calzature, dagli accessori alla cosmetica, persino un mobilificio cinese. Qui i residenti della zona si considerano il polo cinese, la piccola Chinatown sangiuseppese che si moltiplica a dismisura il tutto a danno dell’economia locale. “Gli occhi mandorla” come li chiamano da queste parti ormai sono i proprietari di tutta la zona. Secondo le indagini Istat sono oltre 7000 i cinesi presenti in Campania, 1800 nella sola città di Napoli, gli altri nei territori di Terzigno e San Giuseppe Vesuviano, impegnati soprat­tutto nel tessile. Un mercato diventata in cosi poco tempo un impresa targata Cina, un economia quella cinese che non rappresenta più una semplice concorrenza, ma di più, qualcosa che fa male e danneggia senza accorgersene l’economia nostrana. Una massa di oltre 10.000 cinesi vive e lavora nell’ hinterland napoletano, proveniente dalla provincia del Zhejiang, in particolare da Wenzhou, addensata nel quadrilatero Terzigno-San Giuseppe-Ottaviano-San Gennaro. In via Provinciale Passanti i negozi e le aziende produttive che operano aprono le proprie serrande ogni giorno. Un proliferarsi continuo. In Alcuni casi si contraddistinguono dalle lanterne rosse le botteghe, ma ora non più. Alcuni di questi negozi hanno persino insegne italiana. Una popolazione che si è organizzata. “Gli occhi a mandorla” all’interno del loro scaffale vendono di tutto, imitazioni di ogni cosa sia italiana e il tutto a costo quasi zero, come spiega questo commerciante. “Ogni tanto entro nel negozio al fianco del mio, è cinese, ma quello che vendono è italiano. Imitano tutto e rimango sconvolto dal prezzo. Ci faranno concorrenza”. Un popolo non più “invisibile”, i cinesi, come per i primi tempi. Eccetto che per un evento: la morte. A parte qualche caso di incidente stradale, non si hanno notizie di cinesi morti. Mentre gli italiani contano le perdite i cinesi si evolvono, si vestono da veri imprenditori. E prima di tutto escono dall’ illegalità. Tanti, circa 300 imprese hanno fatto il salto di qualità, sono “emerse”.

Giovanna Salvati

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