Care compagne,
Cari compagni,
il sito industriale di Pomigliano annovera fra le sue file 300 contratti di apprendistato, 300 persone tra uomini e donne che da 30 mesi hanno e stanno dimostrando la loro professionalità e la loro abnegazione al lavoro, 300 esseri umani che grazie al nuovo ordine mondiale vengono trattati come utensili da lavoro e non come forza lavoro.
Chi vi parla e una di quei 300, e proprio perché sono una apprendistato oggi , ma, contratto a termine prima e ancor prima interinale so benissimo cosa significa sentirsi diversa nella fabbrica ma sopprattutto nella società.
Infatti voglio porre l’accento sulla società che ci circonda più che sulla fabbrica, in quanto una azienda usufruisce di ciò che lo stato gli da; e lo stato seppur con tanti difetti e incompressioni , in questo paese, e, o meglio spero che lo sia ancora, democratico e libero.
Dico spero che sia ancora democratico, non per la presenza al governo di Berluasconi, il quale e bene ricordarlo e stato il popolo a sceglierlo, ma , per la concenzione di democratico e libero che questa società ha.
Giorgio Gaber in una sua famosissima canzone diceva: “LIBERTA’ VUOL DIRE PARTECIPAZIONE”
Allora potremmo dire che oggi l’Italia , anzi, gli Italiani preferiscono la dittatura.
Troppe volte abbiamo assistito a dibattitti con sale mezze vuote, troppe volte abbiamo visto una scarsa partecipazione alle manifestazioni e agli scioperi, troppe volte abbiamo delegato non solo l’esecuzione ( il che nella democrazia e atto principale ) ma anche l’analisi dei provedimenti da prendere nell’evoluzione della società.
Allora la domanda nasce spontena: Il precariato chi realmente l’ha inventato?
Il pacchetto TREU del 97?
La legge biagi del 2003 ?
Berlusconi?
Allora se la domanda prima nasceva spontanea, altrettanto e la risposta!
Questa società e queste generazioni , la mia in prims, hanno creato il mostro di società che oggi noi contestiamo!
Chi e vittima del proprio male pianga se stesso.
Questo vecchia citazione e più che mai attuale e ci deve far riflettere sul cosa siamo diventati.
La precarietà non e altro che lo specchio di come siamo diventati, di come questa società vive il rapporto con il prossimo.
Il carrierismo, l’egoismo, l’egocentrismo, tutte parole che anche se sconosciute ad alcuni sono nella prova dei fatti la realtà più evidente del mondo in cui viviamo.
Non voglio mettere in luce le difficoltà economiche, morali, sentimentali, che un precario come me vive. Sarebbe troppo offensivo per la mia e per la vostra inteligenza, ma, il punto a cui voglio arrivare e la volontà di uscire da questo sistema e soprattutto di capire quali strumenti usare per cambiare il modo di pensare e di agire dell’essere umano.
Potrei citare la possibilità che mio padre ha avuto negli anni della sua giovinezza, quella possibilità a me oggi negata di costruirmi una famiglia, di prendere casa, di avere figli e nello stesso tempo di partecipare alla costruzione di un mondo diverso.
Sto parlando di quando negli anni 70 c’era la partecipazione, di quando la classe operaia ebbe il suo STATUO DEI LAVORATORI e di quando le donne ebbero la possibilità di scegliere se abortire o meno.
Quella generazione oggi mi consente ancora di poter dibattere sul mio futuro, di avere la possibilità di riprendere a tessere le linee guida di una società fondata sul rispetto dell’uomo e non sull’utilizzo di esso, per non parlare dell’uomo come fonte di guadagno e di ricchezza da parte datoriale.
Io credo, che dobiamo riinvestire il nostro sapere e la nostra voglia nella partecipazione ai processi di cambiamento, io credo che non sia più sostenibile il concetto di precarietà, io credo che non possiamo rimanere inermi alle sfide che il futuro ci propone.
La crisi ha riaperto gli occhi di chi nn voleva più vedere, la crisi e la dimostrazione lampante che non basta pensare a se stessi se prima non si pensa alla collettività.
Questa crisi vedrà sicuramente rinforzarsi i poteri forti, noi se prendiamo coscienza di essere appartenenti ad uno strato sociale diverso da quello che i mass media ci volgiono far credere di essere capiremo il da farsi, ma , soprattutto capiremo che non avremo nulla da perdere se non le nostre catene.
Voglio chiudere con una citazione di ANTONIO GRAMSCI: “ Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza; Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il nostro entusiasmo; Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra forza.
Ecco questo e il messaggio con cui voglio ripartire e spero anche voi, nel dire BASTA ALLA PRECARIETA’!!!
presidente proletari@ fiat
Paola Fragiello
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