CASTELLAMMARE DI STABIA – Abusivismo edilizio: sono
partite stamattina le operazioni di demolizione di una villetta realizzata
su suolo comunale in viale Ippocastani, la strada immersa nel verde di
Quisisana che conduce al Palazzo Reale. Gli oltre 260 metri quadrati di
costruzione illegale, distribuiti tra piano terra e primo piano, hanno
resistito oltre 18 anni alle ordinanze comunali che ne chiedevano
l’abbattimento.
“Viene così cancellato uno scempio ambientale- sottolineano il sindaco
Salvatore Vozza e l’assessore alla Legalità Raffaele Iezza- Quell’edificio
costruito su suolo comunale rappresentava una ferita aperta nel verde di
Quisisana, che oggi finalmente riusciamo a ricucire”. “Demolire un abuso
edilizio- commenta l’assessore Iezza- significa riappropriarsi del
territorio restituendolo ai veri proprietari, cioè i cittadini,
ripristinando concretamente la legalità anche lì dove è stata calpestata
per tanti anni. L’Amministrazione Comunale proseguirà senza sosta il
programma di abbattimenti di opere abusive su tutto il territorio
cittadino, impegnandosi a contrastare ogni forma di illegalità”. “Risanare
quella zona- dichiara il primo cittadino- è tra le priorità dell’Amministrazione Comunale impegnata nel rilancio del Palazzo Reale di Quisisana, il cui restauro è ormai a un passo dalla sua conclusione e sul quale abbiamo chiesto con forza un nuovo incontro al Governo per definirne chiaramente e definitivamente le destinazioni, a partire dalla Scuola di Alta Formazione per il Restauro, e le modalità di gestione”.
Lungo oltre 18 anni l’iter burocratico-amministrativo che ha portato
all’abbattimento di stamattina. Il primo provvedimento del Comune, con cui veniva disposta la demolizione dell’edificio, risale al 13 maggio 1981. Da allora il proprietario, C.D.A. deceduto nell’ottobre scorso, ha ingaggiato una battaglia burocratica fatta di ricorsi al Tar e istanze di condono edilizio, nel tentativo di scongiurare l’abbattimento del fabbricato. Inutilmente.
La prima istanza di condono fu presentata utilizzando la legge 47 del 1985 e sulla scorta di essa il Tar Campania, il 31 ottobre 1989, sospese
l’esecuzione dell’ordinanza sindacale, che era stata rinnovata il 4
ottobre 1989. La commissione beni ambientali, il 21 gennaio 1993, bocciò
l’istanza di condono edilizio perchè la palazzina si trovava su un’area di
proprietà comunale in una zona urbanistica fortemente vincolata dal punto di vista ambientale e paesaggistico, quale quella del monte Faito, dove era vietato qualsiasi intervanto sia pubblico, sia privato. Il Tar
Campania, nel 1997, dunque, respinse la richiesta di sospensiva avanzata dal proprietario, che nel frattempo aveva continuato i lavori abusivi come accertato dal Comando di Polizia Municipale. L’ordinanza di sgombero arrivò il 22 giugno 1998 e nel 2000 furono attivate le procedure per l’appalto dei lavori di demolizione in danno al proprietario. I lavori furono appaltati nel 2002. Ma anche in questo caso il Tar sospese le operazioni di demolizione perchè l’edificio risultava occupato dalla figlia del proprietario, gravemente ammalata e impossibilitata a essere trasportata, poi deceduta nel 2005. Si procedette, comunque, a demolire una delle due unità di cui era composto il fabbricato. Nel frattempo ci sono stati anche cambi societari nella ditta aggiudicataria dei lavori, che hanno ulteriormente rallentato l’iter burocratico. Risolto questo tipo di problemi, il Comune ha proceduto con la demolizione in danno della palazzina occupata da parenti del proprietario originario, ripristinando lo stato dei luoghi.
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