Il mese di settembre è stato vissuto all’insegna di un forte recupero da parte dei principali mercati azionari, con la sola eccezione di Piazza Affari che è rimasta più indietro di altri.
Ci si chiede ora se il movimento ascendente sia destinato a proseguire nel breve o se lo stesso sia destinato a lasciare il posto a nuove flessioni nel breve.
Dal giorno in cui la Federal Reserve ha tagliato i tassi di interesse, i mercati azionari, soprattutto quelli americani, hanno avviato un significativo movimento di recupero, che in alcuni casi ha portato addirittura ad aggiornare i massimi dell’anno. Quali riflessioni si possono fare sull’attuale scenario?
Nell’ultimo mese il mercato azionario ha proseguito nel movimento di rimbalzo partito dai minimi di metà agosto. Le tempestive e massicce iniezioni di liquidità effettuate dalle Banche Centrali, a cui si sono aggiunti anche i ribassi sia del “tasso di sconto allo sportello” che dei tassi sui Fed Funds, sono riuscite a convincere progressivamente gli operatori che il sistema finanziario era davvero sotto controllo. I mercati finanziari hanno quindi ripreso a guardare con serenità al futuro, dimostrando una notevole compostezza nell’assorbire le notizie negative che hanno continuato ad affluire dal fronte mutui/immobiliare.
E siccome i mercati hanno la tendenza a “strafare”, muovendosi da un “eccesso” all’altro alla ricerca di equilibri sempre instabili, gli indici non si sono accontentati di ritornare sui massimi, ma in alcuni casi sono riusciti addirittura a toccare nuovi picchi per l’anno. Da segnalare anche il nuovo massimo storico sul Dow Jones Industrial, che al di là dei limiti legati alla costruzione dell’indice ha comunque una valenza psicologica importante.
C’e’ dunque da pensare che il peggio sia ormai alle spalle. Infatti possiamo notare che che la volatilità implicita è ridiscesa velocemente sui livelli pre-crisi, confermando così un graduale ritorno ad una percezione del rischio “normale”. Anche gli apprezzamenti di divise “periferiche”, come il dollaro australiano e neozelandese, dopo la “fuga verso la qualità” della prima metà di agosto, confermano il ritorno alla normalità. La debolezza del dollaro è stata di stimolo alla ripresa delle Borse, a conferma di una correlazione inversa che dura da diversi anni. L’impennata del petrolio, innescata dal dollaro debole, non ha comunque disturbato il quadro tecnico complessivo dei mercati.
È interessante sottolineare come gli operatori finanziari abbiano ormai completamente metabolizzato il tema crisi dei mutui – debolezza del settore immobiliare, spostando il focus dell’attenzione sulla politica monetaria più distensiva della Fed. Persino notizie in sé negative, come dati che segnalano un continuo peggioramento delle vendite di abitazioni, vengono letti, proprio in quanto negativi, pro bono, cioè come un segnale che i tassi di interesse rimarranno stabili, se non in leggero calo, per molti mesi a venire. A conferma di come i mercati non reagiscono ai fondamentali, ma piuttosto alla percezione dei fondamentali stessi.
Insomma, la realtà è una, ma si può vedere sotto angolazioni differenti, sempre filtrata dagli schemi interpretativi degli operatori, che spesso vedono nel mercato quello che cercano, generando effetti imitativi in un processo che tende ad autoalimentarsi.
A questo punto meraviglia dunque la la sottoperformance dell’indice S&P/Mib rispetto agli altri listini.
Nelle ultime settimane infatti l’indice S&P/Mib ha avuto un andamento laterale/moderatamente positivo, con un minimo a 38250 ed una salita che ha riportato le quotazioni a ridosso dei massimi dell’8 agosto a 40670. Nonostante il recupero, permane una situazione di evidente sottoperformance rispetto all’indice europeo.
Rispetto ai massimi del 18 maggio a 44364 l’indice italiano è sotto ancora di circa l’8,5% rispetto al –2,8% circa del DJEurostoxx50. Durante la discesa di metà agosto la perdita dell’S&PMib era stata di circa il 15% rispetto al -11,8% del DJEurostoxx50. Ciò significa che la sottoperformance del mercato italiano si è addirittura ampliata durante la fase di rimbalzo.
Per le prossime settimane è importante la tenuta del supporto in area 39000/400. Il superamento della forte resistenza in area 40670-41000 spingerebbe le quotazioni verso 41500 e quindi la resistenza critica in area 42500-43150, il cui superamento, che riteniamo poco probabile al momento, fornirebbe un importante segnale di ripresa del movimento rialzista dominante per i mesi a venire. Il tono si indebolirebbe al di sotto di 39000, sebbene riteniamo poco probabile che ciò accada, ma un segnale ribassista si avrebbe solo con la perforazione del supporto a 38250, per quanto sia una possibilità remota per ora, per un nuovo test dei minimi.
Petrolio in ribasso ma senza cadute rovinose e dollaro debole continuano a consigliarci di mantenere i nostri portafogli leggeri.
Commento ai mercati al 4 ottobre 07
Settimana relativamente tranquilla sul fronte macroeconomico, con il solo settore immobiliare che fa logicamente vedere la sua debolezza, non ancora avvertita sul comparto delle housing starts,
ancora in resiliente crescita. Il silenzio sull’affaire subprime alimenta un parziale ritorno di ottimismo, assieme – come riferito la settimana scorsa – alla positività sul fronte dei consumi e in parte
sulla fiducia dei vari operatori relativamente al futuro del cic lo. In realtà il vero elemento che mantiene ancora vivo l’atteggiamento positivo nei confronti della tenuta del ciclo risiede nella pragmaticità dimostrata dalla FED nella crisi di agosto; in definitiva, non si esclude un ulteriore intervento al ribasso della Banca Centrale americana entro la fine dell’anno. La sofferenza europea sulla debolezza del dollaro che secondo più di un operatore potrebbe aver trovato in area 1,45 il suo bottom, verrà condivisa con aree economiche (Medio Oriente, piuttosto che Russia o Cina), alla ricerca di un equilibrio che ci porti almeno alla fine di quest’anno.
Mercato Azionario:
il movimento rialzista di questa settimana ha trovato ancora nelle banche il suo principale motore. Abbandonati i petroliferi su raggiungimenti tecnici difficilmente plausibili, gli operatori hanno deciso di mantenere le posizioni su utility e qualche altro difensivo, rilanciando speculativamente il settore bancario e, in tono minore, le capital goods quali Siemens o Finmeccanica. Ignorati i tecnologici, non sembra che al momento il dollaro funga da discriminante nelle scelte di investimento settoriali, ma favorisca esclusivamente la creazione ex novo di posizioni sui mercati USA che, in effetti, rivedono i massimi dell’anno (ma con la moneta americana di gran lunga più debole). Non si ha la sensazione di prese di posizione tali da garantire un movimento rialzista di lungo.
Mercato Obbligazionario:
le aspettative di taglio dei tassi negli Stati Uniti stanno aiutando il mercato dei Titoli di Stato europei. Del resto si è visto che il “decoupling” (tassi in giù in America e all’insù in Europa e viceversa) è poco più di una “leggenda metropolitana” e quindi l’impostazione espansiva di oltre oceano difficilmente permetterà alla BCE di comportarsi in maniera restrittiva. In fondo il rafforzamento del dollaro produce gli stessi effetti di un rialzo dei tassi. Per quanto riguarda il mercato dei titoli corporate c’è poco da dire se non che dopo due settimane di “abbuffata” di nuove emissioni abbiamo assistito ad una settimana “digestiva” molto tranquilla… aspettiamo con calma che torni l’appetito!
Felice Romano
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