Paura, indignazione, terrore. Questi i sentimenti che i napoletani provano quando si parla di Rischio Vesuvio. Sentimenti pienamente giustificabili se a provarli sono i lettori di un articolo pubblicato dal National Geographic del mese di settembre. Un articolo scritto ingenuamente da un uomo, Stephen S. Hall, che vive a 9 ore di volo dalla Campania e che di scienza, sembra proprio, non se ne intenda. Il giornalista ha romanzato su una ricerca vulcanologica condotta da un’equipe di scienziati napoletani, una delle varie scuole di pensiero che vanno valutate in sede appropriata da una commissione opportuna. Che il Vesuvio sia un vulcano attivo non è certo una novità e che il numero di residenti alle sue pendici sia esuberante non è una bugia, ma parlare di eruzione imminente sembra proprio un’esagerazione. Fortunatamente, la provincia di Napoli gode di strumentazioni molto sofisticate in grado di rilevare anche le minime variazioni sullo stato di quiete del nostro vulcano. Strutture, quali l’Osservatorio Vesuviano, insieme alla mole di ricercatori che ne fanno parte sono in grado di interpretare i dati raccolti con prudenza ed esperienza. Sarebbe, dunque, più opportuno credere alle istituzioni e non ad uno dei tanti articoli scritti per fare odience. Il Vesuvio vuole riservarci un’eruzione, questo è vero, ma non è assolutamente dimostrato che accadrà a breve e che sarà sul prototipo della cosiddetta “eruzione di Avellino”, un’eruzione di circa 4000 anni fa, più violenta della nota che seppellì Pompei ed Ercolano nel 79 D.C. La Protezione Civile ha emanato un piano di emergenza; questo dovrebbe assicurare salvezza e vie di fuga, ma va comunque detto che esistono opinioni contrastanti in merito e che non tutti sono certi sulla sua validità. Pubblichiamo in allegato il Piano di emergenza che è possibile reperire dal sito www.protezionecivile.it.
Ma per capire meglio ciò che ha scritto il National Geografhic abbiamo anche deciso di intervistare il professor Lucio Lirer, ordinario di Vulcanologia all’Università degli studi di Napoli “Federico II”.
Professore, come mai questo articolo ha suscitato tanta allerta?
Perché si è trattato di un articolo scritto su una rivista mondiale e non su un giornale nazionale o locale come è avvenuto in passato. Ricordo che qualche anno fa sul Corriere del Mezzogiorno furono pubblicati i risultati di una ricerca condotta da Mastrolorenzo (ricercatore dell’Osservatorio Vesuviano) e da Sheridan (vulcanologo americano) e si parlava del Vesuvio in termini catastrofici. Io e il professore Rolandi rispondemmo all’articolo chiarendo che non si trattava affatto di un’imminente catastrofe e per di più simile a quella di Avellino. Ecco, la notizia non turbò più di tanto perché fu pubblicata su un giornale locale e non certo sul National Geographic.
Come giudica la scelta del National Geographic di pubblicare un articolo tanto incisivo?
Dico solo che si tratta di leggerezza da parte della rivista. La popolazione incappa nel panico e non si affida più al lavoro della Protezione Civile. Le ricerche vulcanologiche vanno chiarite all’interno di realtà scientifiche e non su un giornale acquistabile ovunque.
Cosa intende fare, è necessario rispondere a questo articolo?
Credo che sia necessario. Come Dipartimento di Scienze della Terra dovremmo diffondere un contraddittorio e rassicurare le persone. Il National Geographic ha sbagliato!
Gabriella Castiello
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