È trascorso circa un anno e mezzo da quando l’amministrazione comunale targata Carmine Esposito ha iniziato il suo mandato amministrativo. Dal giorno della loro affermazione elettorale abbiamo atteso quel cambiamento che nel corso della campagna elettorale ci è stato proposto in tutte le salse. Tuttavia, oggi, messo alle spalle un buon margine d’osservazione, possiamo tranquillamente affermare che le aspettative sono state in gran parte, se non tutte, deluse.
A Sant’Anastasia non si percepisce alcuna novità: sociale, strutturale, culturale. Quel vento che doveva spingere aria fresca non si è mai alzato. Tutto è rimasto praticamente invariato. La comunità anastasiana da ormai dieci anni appare congelata, ferma e schiacciata dall’impossibilità, o incapacità, di un’intera classe politica: di sinistra, di centro o di destra che sia. Anche se il proliferare incontrollato di tante liste civiche serve a dare un’apparente imbiancata a una parete decisamente ammuffita (ci inseriamo noi per primi in questo aspro commento).
Nell’ultimo bilancio approvato dalla maggioranza Esposito non si scorgono segnali di rilancio economico. È praticamente inesistente una programmazione a lungo termine che possa offrire una crescita esponenziale ad alcuni settori strategici del paese. Nei confronti del commercio, fatta eccezione per poche briciole lanciate attraverso dei contributi posticci, non esiste un piano di sostegno che incentivi la nascita di nuove attività. O che possa alleggerire i commercianti dall’eccessivo carico fiscale.
Vorremmo poi riflettere, portando un esempio, sull’agricoltura. Sant’Anastasia è un paese con un’antica tradizione contadina, che può vantare prodotti di eccellenza riconosciuti attraverso dei marchi di qualità. Eppure, l’agricoltura è completamente sparita dall’agenda politica delle ultime amministrazioni. Non è pervenuto, per dirne una, alcun progetto di recupero delle terre incolte. Mancano, inoltre, dei percorsi che consentano ai giovani, ma anche ai meno giovani, di curare terreni da loro ereditati e che oggi, colpa un mercato sciacallo, risultano economicamente improduttivi. Discutiamo tanto di ambiente, di mentalità green, e chi più di noi, in Terra dei Fuochi, dovrebbe battersi per tali principi. Ma siamo di fronte all’assenza di fonti energetiche alternative, di un risparmio energetico che sfrutti il fotovoltaico (ne citiamo uno) almeno nei luoghi pubblici e istituzionali. Sul fronte agroalimentare non c’è tutela e rilancio dei prodotti locali. Non esiste una filiera anastasiana che contribuisca a un’educazione alimentare sana, controllata e a chilometro zero. Ci riferiamo innanzitutto a ciò che viene proposto ai nostri giovani studenti dalle mense scolastiche.
Ed è così che si va avanti a colpi di percentuali sulla raccolta differenziata. Che si rincorre la piaga delle deiezioni canine ma si glissa sul fenomeno del randagismo, su come si possano incentivare gli anastasiani all’adozione degli stessi animali, o in che modo sostenerli nel mantenimento di un amico a quattro zampe. È fondamentale disporre di aree dove poter portare i cani. Vanno assolutamente introdotti dei sostegni economici, o qualche incentivo fiscale utili a stroncare l’orrendo fenomeno dell’abbandono.
Spostandoci sul versante delle politiche sociali, invece, capiamo che la situazione non è certamente delle migliori. Tutti i servizi alla persona vengono costantemente esternalizzati. È tutto affidato alla gestione di cooperative che, e qui ci sarebbe da porre qualche domanda, spesso sono sprovviste delle figure professionali adatte a prestare un determinato servizio. Manca poi una politica chiara, netta, finalmente orientata all’applicazione delle norme sull’abbattimento delle barriere architettoniche. Vorremmo tanto che si avviasse un dibattito, un minimo di confronto intorno a un tavolo dove le disabilità siano affrontate come una risorsa per il territorio e non un problema. Ed è per questo che si dovrebbe discutere periodicamente sulla necessità di ricorrere a soluzioni legislative, progettuali, che consentano di includere le persone con disabilità e non marginalizzarle. Dovremmo limitare la ghettizzazione. Non rincorrerla come unica possibilità.
Ma andiamo oltre.
La scuola arranca. Tutto procede a rilento. I servizi essenziali, quelli di ordinaria amministrazione, che l’assessorato dovrebbe garantire, o quantomeno accompagnare, risultano fumosi, orfani di un preciso indirizzo. Nel periodo di pandemia abbiamo avuto l’impressione che si navigasse a bordo di una barca destinata alla deriva. C’è stata prima una riapertura. Poi un’improvvisa chiusura. Alla fine si è riaperto di nuovo nonostante i casi di infezione da Covid non fossero per niente calati, anzi. In un momento così delicato, cruciale, l’assessorato si è comportato come uno spettatore distratto. Nulla ha fatto sul piano della mobilità. Non ha ampliato il trasporto scolastico che avrebbe garantito un maggior distanziamento e un minor affollamento di genitori all’esterno dei plessi.
Lo diciamo da tempo, le scuole andrebbero utilizzate anche negli orari extra lezioni come presidi territoriali a sostegno dei ragazzi/e e del loro tempo libero.
Arriviamo al Puc, argomento di estrema rilevanza per lo sviluppo della città, su cui ci siamo già espressi e non smetteremo di farlo. Il piano urbanistico comunale resta per tutti quanti noi un mistero, un documento bollato dall’amministrazione Esposito con il segreto di Stato. È impossibile valutarlo, discuterlo, figuriamoci confrontarsi. E chissà se verrà mai realizzato. Nel frattempo, la comunità paga per ulteriori consulenze, studi, inutili dibattiti che ruotano intorno al niente.
Giunti a questo punto del nostro personale bilancio potremmo essere tacciati come faziosi, finanche rancorosi. E ci potrebbe stare. Ed è proprio per raggirare questa critica del tutto legittima che ci sentiamo in dovere di non rivolgere la nostra analisi in una sola direzione. Perché in fin dei conti, se il dibattito politico è sparito, narcotizzato, se la maggioranza di governo cittadino può permettersi di adagiarsi sugli allori sfruttando a proprio favore un silenzio assenso, è soprattutto grazie all’inutile ruolo dell’opposizione. All’ingiustificabile assenza, in particolare all’interno del consiglio comunale, di voci forti, convinte e preparate pronte a puntare i riflettori sulle tante istanze di cittadini insoddisfatti. Cittadini che andrebbero rappresentati degnamente, perché attraverso l’espressione del loro voto si arriva in consiglio comunale. Del resto, ricevere un plebiscito di voti per poi ridursi a una sagoma di cartone alimenta soltanto un sentimento di rabbia negli elettori allontanandoli dalla voglia di partecipare alla vita politica del paese.
Occuparsi di politica non vuol dire accendersi esclusivamente in campagna elettorale rispolverando al bisogno il proprio pacchetto di voti. In quelle settimane così frenetiche assistiamo a candidati che si esibiscono in doppi, tripli salti mortali pur di scippare un voto a un altro candidato. Un impegno spasmodico, ai limiti della correttezza che la metà basterebbe a coprire quattro anni d’opposizione con risultati soddisfacenti.
Una città in salute – per il progresso di Sant’Anastasia è pronta, lo abbiamo dimostrato fin dall’inizio, a dare il suo contributo. Ma vorremmo che gli altri, quelli che hanno affermato di avere come noi un’altra idea di paese, lancino un segnale. Da che parte stanno? Quali sono le loro reali intenzioni per lo sviluppo e la vita di Sant’Anastasia?
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