Attesa delle grandi occasioni alla Sala Assoli dove, venerdì 8 luglio alle ore 19, nell’ambito del Campania Teatro Festival, debutterà in prima nazionale assoluta “2084 – l’anno in cui bruciammo chrome”. Un testo scritto e diretto da Marcello Cotugno in scena nella sala di Montecalvario grazie al progetto nato nell’ambito del Master Teatro Pedagogia e Didattica dell’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli, ideato da Nadia Carlomagno e lo stesso Cotugno. Sul palco, insieme all’ideatrice e apprezzata attrice Carlomagno, il pubblico troverà un altro interprete di grande esperienza e prestigio artistico come Francesco Maria Cordella (nella foto). Con loro le allieve e gli allievi del Master: Paolo Capozzo, Antonella Durante, Graziano Purgante, Giulia Scognamiglio, Anna Simeoli e, in voce, Marzia Simiani e Salvatore Mazza. Lo spettacolo inserito nella sezione dei Progetti Speciali del Festival diretto da Ruggero Cappuccio, è frutto della collaborazione di diverse sinergie: la progettazione video e grafica è stata curata da Francesco Domenico D’Auria, Gennaro Monforte e dal regista stesso. Arianna Cremona, anche aiuto regista, ha dato il suo prezioso contributo alla drammaturgia; Anna Simeoli ha ideato le coreografie; le allieve e gli allievi dell’Accademia di Belle Arti di Napoli, Jia Chenghao, Fabio Cosimo, Alessandro Fraia, Gao Jing, Assunta La Corte, Giorgia Lauro, Cecilia Marcucci, Wu Yongqi, con la guida del professore Ferrigno hanno curato le scene. I costumi, ispirati alle immagini del fotografo cinese Ren Hang, sono di Irma Ciaramella. Ancora, Pasquale Mari, uno dei light designer più apprezzati del teatro italiano, ha progettato le luci, che saranno messe a punto da Lucio Sabatino. Le musiche, curate da Marcello Cotugno, sono il risultato di una ricerca sulla musica dance e indipendente di matrice asiatica. Prodotto dalla Acts – Associazione Culturale Top Spin, “2084– L’anno in cui bruciammo chrome”, che trae la sua ispirazione tematica dal romanzo di Orwell, pone al cospetto del pubblico un Occidente post-capitalista colonizzato dalla cultura cinese. La tecnologia più avanzata pervade ogni cosa: dal metaverso all’utilizzo di droni e telecamere per controllare il livello di sicurezza della nazione. La vita della collettività è regolata dai crediti sociali: per ogni azione dei cittadini il governo assegna un punteggio. Il lavoro è diventato l’unica ragione di vita. In un appartamento di un quartiere povero di una cittadina immaginaria, una famiglia cerca, tra mille difficoltà, un riscatto sociale. All’indirizzo https://opensea.io/collection/
mia ricerca è approdata su altri territori. Partendo, infatti, da letture e visioni sulla Cina, un mondo con cui sempre più – dalla pandemia alla definizione dei nuovi equilibri economici e di potere sullo scenario globale – stiamo accorciando le distanze, ho avuto modo di immergermi in una cultura affascinante e terribile, ricca di straordinarie intuizioni e drammatiche contraddizioni. In “2084” la disumanizzazione della società fa da sfondo alle tensioni familiari, mettendo in evidenza l’irrigidimento delle gerarchie sociali e come questo si ripercuota nelle vite dei singoli. Perseo, Atria e i loro due figli, Izar e Alhena (sono tutti nomi di stelle), si dimenano in questo habitat che a tratti ci appare familiare, a tratti distopico e incomprensibile, cercando ognuno un senso e una direzione alle proprie vite in bilico. Lo spettacolo cerca, nella sua cifra minimale di fondere dimensioni e stili teatrali differenti, passando da quello relazionale delle scene di interno familiare a quello brechtiano dei monologhi-racconto dei protagonisti, per arrivare alle astrazioni formali proprie del teatro post-drammatico». Le foto di scena sono di Valerio F. De Marco, Fulvia Orifici ed Elèna Lucariello allievi della scuola CFI / Fotografia per il teatro diretta da Mario Spada.
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