SANT’ANASTASIA. Quattordici mesi la condanna inflitta oggi a Carmine Esposito, ex sindaco di Sant’Anastasia, dai giudici di Nocera Inferiore (Salerno). L’uomo, medico ed ex politico, rispondeva di “tentativo di induzione indebita”, il 14 dicembre 2013 fu arrestato dai carabinieri della Compagnia di Castello di Cisterna dopo che aveva intascato una tangente dall’imprenditore che aveva vinto l’appalto per la gestione del servizio rifiuti in città: una busta contenente 15 mila euro fu trovata nella sua auto poco dopo che aveva incontrato l’imprenditore in un centro commerciale. L’intera scena fu “ascoltata” e seguita dagli uomini dell’Arma che poi lo bloccarono e arrestarono appena uscito dal parcheggio. Si trattava di una prima trance di altre che sarebbero dovute arrivare in seguito. Quattro giorni dopo fu arrestato con la stessa accusa anche il dirigente dell’ufficio Ambiente Luigi Terracciano, che finì agli arresti domiciliari (l’uomo è stato poi condannato nell’ottobre del 2015 con il rito abbreviato a due anni e due mesi di reclusione e tre di interdizione dai pubblici uffici).
Riguardo ad Esposito, questa mattina in udienza il pm Roberto Lenza aveva chiesto una condanna a due anni di reclusione, gli avvocati difensori l’assoluzione. Alla fine la pena è stata ridotta e sospesa (in Italia lo è per tutte le condanne inferiori ai due anni). L’ex sindaco, dunque, non tornerà in carcere, c’era stato a lungo proprio sul finire del 2013, dal giorno dell’arresto fino al 2 aprile del 2014
DETERMINANTE LA LINEA DIFENSIVA
A far finire in maniera così lieve questa vicenda giudiziaria, che scosse Sant’Anastasia e non soltanto, è stata, senza alcun dubbio, la bravura degli avvocati difensori dell’uomo: il professore Vincenzo Maiello e l’avvocato Antonio De Simone. I legali sono riusciti in un primo momento a far trasferire il processo da Nola a Nocera, lì si era configurato il reato (la richiesta di tangenti era stata fatta in un bar di Angri). Poi, cosa che è pesata moltissimo sulla riduzione delle pena che fu ipotizzata quando Esposito fu arrestato e finì nel carcere di Poggioreale, il cambio di imputazione. Nel corso di un udienza del processo (il 22 giugno 2016) fu accolta la richiesta presentata dagli avvocati Maiello e De Simone per cui Esposito non rispondeva più di “concussione per induzione”, ma tentata. La difesa ottenne, quindi, una importante vittoria. Aveva sempre sostenuto, fin dal giorno dell’arresto, che i carabinieri della Compagnia di Castello di Cisterna che condussero le indagini avevano agito da “agente provocatore”. “Carmine Esposito e’ stato arrestato illegittimamente”, aveva commentato allora il professor Maiello, “questo si evince da quanto avvenuto oggi in aula. È stata svolta nei suoi confronti attività di provocazione criminosa. Alla luce della dichiarazione della parte offesa il pm ha ritenuto di dover modificare l’imputazione rispetto al fatto di aver chiesto la somma che sarebbe stata ritrovata nella sua auto. Il reato è diventato un tentativo di induzione che consiste nel fatto di aver chiesto a un imprenditore dei soldi, il reato e’ passato quindi da consumato e tentato”.
L’ARRESTO E LO SCANDALO POLITICO
L’arresto di Esposito travolse non soltanto la vita amministrativa, ma quella di un’intera comunità. La città di Sant’Anastasia si divise tra innocentisti e colpevolisti. I primi arrivarono a fondare un gruppo su Facebook dove sostenevano finanche con le preghiere Esposito nel corso della sua lunga permanente in carcere, 56 giorni, cui seguirono poi i domiciliari dal 7 febbraio al 2 aprile 2014, nel giorno del suo 59esimo compleanno tornò libero con il divieto di dimora a Sant’Anastasia e visse a Somma Vesuviana.
Uno scandalo che riguardò non soltanto il Comune. Tre giorni dopo l’arresto, mentre era in corso il suo interrogatorio, Carmine Esposito si dimise, poi lo stesso fecero i consiglieri di maggioranza (su suggerimento anche della difesa di Esposito) e a Palazzo Siano subentrò il commissario prefettizio. La città di Sant’Anastasia finì su tutti i giornali d’Italia e Esposito, in seguito, offrì 20mila euro di risarcimento alla città che però il viceprefetto rifiutò.
Oggi si chiude una vicenda controversa di cui poco del tanto che c’era da scrivere si è potuto invece scrivere. Sono mancate le decine di pagine di intercettazioni, di colloqui, di richieste che per altre vicende giudiziarie sono state invece sviscerate. Per Esposito si è alzò una cortina di ferro che ha “censurato” tutto, ma oggi i giudici hanno comunque accertato che reato ci fu e la condanna ne è la conferma, ora ogni giudizio su quanto avvenne spetta solo agli anastasiani.
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